L’autolesionismo, indicato con il termine inglese “Repetitive Self-Harm Syndrome”, è un disturbo psicologico che si manifesta con il procurarsi danni fisici che possono includere graffi, tagli e bruciature che spesso lasciano segni indelebili sulla pelle.
La sindrome da autolesionismo ripetuto è un comportamento che spesso si manifesta nel periodo adolescenziale e che colpisce soprattutto le ragazze.
In base all’entità del danno che ci si procura, vengono distinte diverse forme di autolesionismo:
Autolesionismo leggero
Il soggetto si provoca volontariamente e ripetutamente ferite di lieve entità (tagli, bruciature, lividi ma anche rottura delle ossa) attraverso coltelli, rasoi, sigarette o pezzi di vetro. E’ la tipologia di autolesionismo più diffusa e le lesioni si localizzano principalmente su gambe, braccia, polsi, caviglie ma anche seno e torace.
Autolesionismo grave
Fortunatamente è la forma più rara del disturbo, caratterizzata da comportamenti che portano a procurasi ferite molto gravi, arrivando addirittura all’amputazione.
Altre forme di autolesionismo
Esistono poi atteggiamenti che, pur non lasciando segni evidenti esternamente possono essere considerati comunque autolesionistici poiché ledono la salute di chi li mette in pratica: anoressia, bulimia, altri disturbi alimentari e forme di dipendenza ne sono un esempio.
Ma cosa spinge una persona a procurarsi da solo ferite fisiche?
In realtà non è possibile individuare un’unica causa all’origine dell’autolesionismo: sembra infatti che i fattori scatenanti siano molteplici. Spesso le cause sono da ricercarsi nell’incapacità di affrontare lo stress, altre volte l’origine del disturbo sta, invece, nell’incapacità di esprimere le proprie emozioni o nella paura di deludere le aspettative, a volte dietro ai tagli e alle cicatrici si celano profonde insicurezze o la mancanza di autostima.
La risposta a questo insopportabile disagio interiore, impossibile da gestire per l’autolesionista, sta nell’infliggersi ferite che, in un qualche modo, tamponano il dolore psicologico, danno un’illusione di sollievo e abbassano la tensione.
Secondo l’antropologo Le Breton “La ferita crea un rifugio provvisorio (..) serve a scaricare una tensione, un’angoscia che non lascia più alcuna scelta, nessun’altra risorsa”
Così, l’autolesionista associa la soluzione del malessere psicologico ad un malessere fisico, ben più gestibile e controllabile di quello interiore.
Emozioni come rabbia,dolore psicologico, insoddisfazione ma anche apatia, vengono quindi messe a freno con un gesto estremo come l’infliggersi dolore fisico: l’attenzione viene spostata dalla mente al corpo, dando l’illusione di ritrovare quel sollievo perduto.
Quando l’autodistruzione non viene messa in pratica attraverso l’autolesionismo “diretto”, chi soffre di questo disturbo traduce il malessere psicologico in atteggiamenti autosabotativi come ad esempio l’assunzione di droghe, atti delinquenziali, o ricerca di attenzione da parte di persone che non corrispondono l’affetto.
La richiesta di aiuto
Sebbene molti autolesionisti nascondano le proprie cicatrici alla vista altrui, può succedere che alcuni sentano il bisogno di mostrare agli altri la propria sofferenza. I segni visibili sulla pelle nascondo una richiesta d’aiuto e un modo per comunicare il dolore.
I segni “invisibili” dell’autolesionismo
Osservare con attenzione i propri figli e i loro atteggiamenti può aiutare a capire se l’autolesionismo è presente nelle loro vite: sempre più irritabili, privi di una rete sociale e tendenti all’isolamento, spesso indossano abiti inappropriati alla stagione per coprire le cicatrici, come magliette a maniche lunghe in estate oppure presentano lividi e ferite inspiegabili e tracce di sangue sui vestiti.
Cosa fare per aiutare le persone autolesioniste?
Genitori che devono confrontarsi con figli affetti da Repetitive Self-Harm Syndrome, non dovrebbero nè colpevolizzare l’adolescente né liquidare questi comportamenti come mera ricerca di attenzione. La sofferenza racchiusa in questi gesti non deve essere giudicata o punita. E’ necessario offrire un sostegno e incoraggiare il figlio ad esprimere le proprie emozioni attraverso gesti costruttivi.
Autolesionismo e psicoterapia
Questa non semplice situazione può essere affrontata anche grazie all’aiuto di uno Psicologo che attraverso un percorso psicoterapeutico aiuterà il paziente a gestire le proprie emozioni e ad affrontare al meglio gli eventi.
Mi occupo di disturbi di ansia (fobie, attacchi di panico, ansia generalizzata), di sessualità e di omosessualità, di disturbi alimentari, di depressione, di difficoltà legate alla sfera affettiva (familiare e/o di coppia).
All’interno del mio modello di lavoro utilizzo tecniche di respirazione, rilassamento, sessuologiche e EMDR.